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In principio erano sette. Ben presto restano in cinque. Finché nel secolo scorso, a metà anni Sessanta, tre prendono strade diverse e misteriose e non sempre del tutto chiare in giro per l’Europa. E a Torino restano così in due.

La storia si  inizia a Meissen, in Sassonia intorno al 1715 e si conclude a Milano (con incerte tappe intermedie) nel 2017. Uno spazio di tempo abissale, in cui ruota l’avventura della preziosa “garniture” da camino in porcellana bianca a pasta dura realizzata dalla celeberrima Manifattura Meissen, (inaugurata presso Dresda nel 1710 con l’intento di imitare la costosissima ceramica orientale) e regalata nel 1725 dal re di Polonia Augusto II – detto “Il Forte” – a Vittorio Amedeo II re di Sardegna, in segno di ringraziamento per averlo ospitato nel corso di un viaggio fra le Corti europee. Composto in origine da sette vasi di valore inestimabile, l’insieme viene subito collocato nella “Camera dell’Alcova” di Palazzo Reale a Torino. Se non che, già nel 1823, da documenti di corte, due pezzi risultano mancanti e, col tempo, anche gli altri cinque vengono separati. I due esemplari grandi, senza manici, rimangono a Palazzo, dove tuttora sono conservati sul Caminetto della “Sala del Caffè”. Il vaso maggiore ad anse e i due più piccoli, di straordinaria eleganza decorati con rami e roselline, sono invece trasferiti al “Museo Civico” (1877), poi esibiti alla “IV Esposizione Nazionale di Belle Arti” tenutasi a Torino nel 1880 e, infine, per volere di Umberto di Savoia, principe di Piemonte, ricollocati a Palazzo. Correva l’anno 1929. E la storia continua. Da Palazzo Reale, infatti, i “magnifici tre” escono ancora, prima del 1966, per essere venduti a un’asta, finché – al termine di un girovagare che pareva senza fine – entrano a far parte della prestigiosa Collezione Zerilli-Marimò. Fino all’anno scorso, 2017, quando il Museo Poldi Pezzoli di Milano riceve in dono proprio la collezione appartenuta a quei meravigliosi mecenati e ambasciatori della cultura italiana all’estero che  furono Guido e Mariuccia Zerilli-Marimò. Un dono da favola  per  il capoluogo lombardo, un duro colpo per Torino che ancora una volta si vede privata della possibilità di riunire le cinque opere “consorelle”, fra le più importanti dell’arte ceramica settecentesca. Delusione in parte ammorbidita dal prestito temporaneo fatto dal milanese Poldi Pezzoli ai Musei Reali subalpini, grazie al quale le cinque porcellane di Meissen saranno nuovamente visibili, riunite tutte quante insieme, nella mostra ospitata fino al 14 ottobre prossimo alla Galleria Sabauda: prestito – scambio, dal momento che anche i vasi torinesi furono prestati un anno fa per un’analoga mostra tenutasi a Milano. Protagonista di un dono regale (fu in Europa il primo dono di porcellane da parte di un monarca), la “garniture” esposta oggi sotto la Mole, nella sua gloriosa “cinquina”, costituisce un insieme di eccezionale interesse, in primo luogo, per la sua antichità, trattandosi di una delle prime realizzazioni di Meissen e, in secondo luogo, per la qualità e la ricchezza delle decorazioni, con volute, teste d’angelo, foglie e conchiglie su modello di Johann Jacob Irminger e disegno di Raymond Leplat: primi saggi di esecuzione, la cui difficoltà tecnica si rivela  in alcune piccole fenditure visibili nel corpo dei vasi. Ad impreziosire ulteriormente l’insieme sono poi le montature in argento dorato, mentre il vaso ad anse posto al centro della vetrina, reca ancora tracce della decorazione pittorica in oro applicata a fuoco, con motivi à la Bérain. Appuntamento da non perdere. Prima che termini il prestito milanese.

Gianni Milani

“La garniture di Meissen per Vittorio Amedeo II”
Musei Reali – Galleria Sabauda, Piazzetta Reale 1, Torino; tel. 011/5211106 – www.museireali.beniculturali.it
Fino al 14 ottobre
Orari: dal mart. alla dom. 8,30/19,30