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La straordinaria Collezione Cerruti

Francesco Federico Cerruti è stato un imprenditore torinese riservato, scontroso, a volte (mi si dice) persino un po’ scorbutico. Ma è stato un impareggiabile collezionista d’arte, come pochi altri in Italia.

Nel suo scrigno, una villa in uno stile provenzale che sembra anche un po’ bizzarra sulla collina di Rivoli, proprio sopra il castello che ospita il museo di arte contemporanea, sono conservate opere d’arte di grande bellezza: il New York Times, che nel maggio del 2019 gli dedicò un articolo, nella più pura mentalità americana ne sottolineava il valore in circa 600 milioni di dollari.

Ma la storia di Federico Cerruti (morto a 93 anni nel 2015) vale una digressione prima di parlare di quanto contenuto nella villa, visitabile da pochi anni a cura del museo di Rivoli.

Per essere una collezione privata di un industriale torinese (proprietario della Legatoria Industriale Torinese) nemmeno di primissimo piano, la sua collezione mostra un grande amore per l’arte, un gusto raffinato che ha creato una delle più preziose collezioni private in Italia e nel mondo. Il rag. Cerruti, come lo si chiamava in ditta, è stato un uomo che ha vissuto nell’ombra e che ha mostrato le sue opere a pochissimi eletti, fra i quali un mio caro amico imprenditore che gli forniva macchinari per la legatoria, e dal quale ho potuto conoscere alcuni tratti della sua personalità. Il rag. Cerruti la villa se la fece costruire alla fine degli anni Sessanta per ospitare i suoi anziani genitori, ma la madre, rimasta vedova, non ci volle andare ritenendola troppo isolata. Lui stesso non la abitò mai. Due volte all’anno, il 31 dicembre, la sera prima del suo compleanno, e il 18 luglio, giorno di San Federico, il suo onomastico, invitava alcuni amici, clienti e fornitori ai quali mostrava le sue collezioni: quadri, sculture, mobili antichi di gran pregio e libri preziosi. Cerruti era infatti anche  un appassionato bibliofilo: parallelamente alla sua attività di rilegatore, ha collezionato libri e legature rare pari, in qualità, alle più celebri opere d’arte. In tutto la villa ospita un migliaio di pezzi, di cui circa 300 sono accessibili al pubblico grazie alla convenzione con il Castello di Rivoli, dietro prenotazione, nei fine settimana e per pochi visitatori per volta, penso non più di 100-150 persone ogni week end. Ma molte opere non stanno fisicamente nelle stanze della villa, una dimora non piccola ma neanche di dimensioni troppo generose, e sono accatastate in una caveau sotto di essa.

Ma diamo uno sguardo alle cose preziose contenute nella appartata dimora. Partiamo dall’incipit dell’articolo (6 maggio 2019) di un sorpreso Scott Reyburn del New York Times in visita per l’apertura al pubblico dopo i restauri: "La stanza  (-  uno studio di ingresso ndr -)  è rivestita di pannelli rosso scuro e specchi con cornice dorata. I mobili italiani del 18° secolo sono opulentemente rococò. Davanti a scaffali pieni di volumi bibliografici finemente rilegati è appeso un romantico dipinto di Renoir, ‘Jeune fille aux roses’ . Ci sono soprammobili dorati ovunque.”. E prosegue “abituati a guardare l'arte negli interni spogli, la villa del solitario collezionista italiano Francesco Federico Cerruti, che custodisce i suoi oggetti eclettici, costituisce un ambiente insolito. Cosa ne farebbe il mondo dell'arte contemporanea?”

Ma la direttrice del castello di Rivoli Carolyn Christov-Bakargiev  (che è dedicato proprio alle cerebrali vertigini dell’arte contemporanea) gli rispose candida “Lo adoro. È come un'installazione di un artista”.

Al piano terra, lo Studio conserva la Madonna sulle nubi, un’acquaforte di Rembrandt, insieme con la tela di Pierre Auguste Renoit Jeune fille aux roses (1897), l’ultima opera acquistata da Cerruti nel 2014 in un’asta di Sotheby’s a Londra, poco prima di morire e dopo aver visitato la mostra dedicata a Renoir alla Gam di Torino. Nella sala della Musica si può ammirare  una serie di sculture di maestri del XX secolo appoggiate sopra il pianoforte, tra le quali spiccano una preziosa cera di Medardo Rosso Bambino ebreo (1900-20), e un bronzo di Alberto Giacometti, Nu debout (1953), mentre alle pareti è appeso il raffinato e intenso Ritratto di Gentiluomo con libro e guanti (1540-41) di Pontormo, riscoperto nel 1952 da Roberto Longhi, oltre a tre tele del Cinquecento.

Alle pareti dello scalone, capolavori dell’arte moderna come Donna dal vestito giallo (1918) di Amedeo Modigliani, Study per Portrait IX (1956-57) di Francis Bacon , Antigrazioso (1912) di Umberto Boccioni, Oiseau sur une branche (1913) di Pablo Picasso e Il risveglio della bionda sirena (1929) di Scipione. E un bellissimo Casorati.

Nonostante si capisca una certa predilezione per l’arte figurativa del Novecento, l’opera da cui ai primi anni Sessanta partì tutta la collezione è un’opera astratta: Senza titolo (1918), un acquarello di Kandisnky, e altre opere astratte, tutte di gran pregio, sono Concetto Spaziale, Attese (1965), uno splendido taglio rosso di Lucio Fontana, Achrome (1959) di Piero Manzoni, Sacco e rosso (1954) di Alberto Burri.

Altre opere d’arte moderna si trovano nella camera da letto che doveva essere della madreLe Duo (1928) di René Magritte, Velocità astratta (1913) di Giacomo Balla, Ritratto di Viktor Ritter von Bauer (1917) di Egon Schiele e Lorsqu’en verra (1941) dell’artista surrealista Yves Tanguy.

La sala da pranzo è dedicata a otto quadri di Giorgio De Chirico, fra queste l’Autoritratto con la propria ombra (1920 ca.), collocato sopra una consolle del tardo Settecento dai significati simbolici ed esoterici, appartenuta al celebre sensitivo torinese Gustavo Rol, amico di Cerruti.

Infine saliamo sula stanza della torre, una sorta di ascesa dello spirito, che Cerruti aveva immaginato come propria stanza da letto, dove però non dormì mai, rivestita da una boiserie che custodisce le opere più antiche della collezione, spicca subito un scultura in legno, la Madonna col bambino (1320-30), attribuita al Maestro della Santa Caterina Gualino, intagliatore e pittore umbro attivo tra XIII e XIV secolo, dalla personalità originalissima e sofisticata. E poi i dipinti Madonna dell’Umiltà (1401 ca.) di Gherardo Starnina, il Sant’Agostino (1439-44) del Sassetta.

Come abbiamo detto, insieme con le opere pittoriche e scultoree la collezione include anche un’ampia e preziosa raccolta di libri, incunaboli ed edizioni rare: al vertice gli undici volumi dell’ Atlas Maior di Willem e Joan Blaeu, i grandi tipografi olandesi (autori anche del celebre «Theatrum Sabaudiae») che vollero raccogliere (negli anni 1642-44 e 1662-65) le rappresentazioni delle terre allora conosciute, in 594 mappe e tremila pagine di testo. Ricordiamo anche un’edizione di «À la recherche du temps perdu» di Marcel Proust in tredici tomi con la legatura Art Déco di Paul Bonet e cinque volumi della Bibbia illustrata da Salvador Dalì (1967), custoditi nel loro mobiletto originale.

Nella foto, De Chirico: Autoritratto con ombra

Nella foto sotto, Boccioni, Antigrazioso, 1912

Collezione Cerruti
https://www.castellodirivoli.org/sedi/villa-cerruti/

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