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Il grandioso complesso monumentale del Sacro Monte di Varallo è situato in Valsesia, nella provincia di Vercelli, e fu fondato per volontà del frate minore osservante Bernardino Caimi.

Dopo che la caduta di Gerusalemme, nel 1453, per mano dei Turchi aveva posto fine ai pellegrinaggi in Terra Santa, a padre Caimi, vicario dell’ordine dei frati minori del Comune di Milano e già Custode del Santo Sepolcro, venne l’idea di ricostruire la Città Santa all’interno dei confini del Ducato sforzesco. Prescelse l’alta Valle della Sesia, oggi amministrativamente piemontese, ma a quel tempo ancora lombarda. Lo scopo era quello di far sì che i pellegrini, visitandola, potessero continuare a beneficiare dell’indulgenza plenaria. E così, il 21 dicembre 1486, ottenuta dal pontefice Innocenzo VII l’autorizzazione ad accettare la donazione dei terreni da parte dei maggiorenti varallesi, e da Ludovico il Moro (del quale il Caimi era amico personale) i fondi necessari per dare avvio al cantiere, iniziò la costruzione della Nuova Gerusalemme.
Dopo le prime costruzioni e la morte del fondatore avvenuta nel 1499, i lavori vennero ripresi solo nel 1517 e fino al 1529 ebbero Gaudenzio Ferrari come protagonista che, con una sapiente compenetrazione di pittura e scultura, realizzò un complesso caratterizzato da un forte realismo. A Varallo furono poi impegnati altri importanti architetti, pittori e scultori, quali ad esempio Bernardino Lanino, Giulio Cesare Luini, Tanzio da Varallo, e dalla seconda metà del Cinquecento il complesso detto “La Nuova Gerusalemme” si trasformò, sotto il controllo di San Carlo Borromeo (1538-1584) e del vescovo di Novara Carlo Bascapè (1593-1615), in una riproduzione dei luoghi sacri della vita di Cristo (Nazaret, Betlemme, il Calvario), dedicando a ognuno di essi una cappella spettacolo destinata al coinvolgimento e all’immedesimazione dei pellegrini.
Bascapè rivoluzionò il Sacro Monte per ricomporlo all'interno di un piano narrativo dipanato sulla scansione cronologica della vita di Cristo e sulla verosimiglianza rispetto alle sacre scritture.  
Ad oggi rimane un cammino devozionale costellato di cinquanta cappelle, al cui interno si svolgono, “cinematograficamente”, le scene della Vita e della Passione di Cristo, con più di ottocento personaggi a grandezza naturale, abbigliati con abiti in tessuto vero e con capelli veri, che agiscono in ambienti connotati da arredi essi pure veri, in una drammaturgia carica di pathos.
Ma oltre al Sacro Monte di Varallo in Val Sesia meritano una visita tutta una serie di musei tra i quali quello dedicato a  "Cesare Scaglia"  situato a Varallo Sesia.
La Casa-Museo dedicata al pittore Cesare Scaglia nasce per volontà della figlia, Aida Scaglia, che, dopo la morte del padre, avvenuta nel 1944, decide di allestire una mostra-museo a lui intitolata.
Cesare Scaglia, che fu anche Direttore del Sacro Monte, è stata una delle personalità più attive nel promuovere la cultura artistica valsesiana e  il suo stile pittorico era connotato da una forte impronta ottocentesca e i soggetti da lui prediletti erano ritratti, paesaggi (soprattutto montani), vedute d'interni e chiese.
Sempre a Varallo Sesia si trova la Pinacoteca cittadina, ubicata nel Palazzo dei Musei in pieno centro cittadino. Istituita nel 1875  raccoglie tutto il materiale artistico acquistato a vario titolo dalla storica Società d’Incoraggiamento allo Studio del Disegno e  ad oggi espone oltre tremila opere.  La raccolta comprende  una vasta gamma di opere pittoriche che spaziano dal XV al XX secolo: testimonianze dell’arte scultorea antica, alcune provenienti dal Sacro Monte e recentemente restaurate, affreschi del ‘400, la grande collezione di opere dei due grandi artisti valsesiani, Gaudenzio Ferrari e Antonio d’Enrico, detto il Tanzio da Varallo, considerato il maggiore rappresentante valsesiano della pittura secentesca, ormai riconosciuto anche a livello nazionale.
Poco fuori Varallo, a Campertogno, c’è il Museo della Parrocchia di Campertogno che conserva dipinti, sculture lignee dorate e policrome, arredi, suppellettili, paramenti e oreficerie sacre raccolte da don Pier Cesare De Vecchi, illuminata figura di sacerdote studioso e storico dell’arte.
Tra i dipinti da segnalare la grande tela di Melchiorre D’Enrico che raffigura la Processione votiva dei campertognesi al Sacro Monte di Varallo.
Nella sala principale troneggia l’altare ligneo originario, a forma piramidale completo in ogni sua parte. L’esposizione si completa con le opere d’arte e gli arredi sacri di diversi oratori e cappelle periferiche troppo isolate per non considerarsi esposte a probabili furti.
Di valore e di assoluto interesse culturale anche l’annessa biblioteca, una collezione significativa per le pergamene manoscritte del Cinque/Seicento e volumi dal secolo XVII al XIX.
Ad Alagna, precisamente nella frazione di Pedemonte, si trova invece il Museo Walser (una popolazione di origine germanica che abita le regioni alpine attorno al massiccio del Monte Rosa).
Nel borgo resistono al tempo le architetture delle case in legno dei coloni walser, conservate in maniera esemplare e  affacciate su una piazzetta caratterizzata da due fontane monolitiche a servizio dell’abbeverata degli animali e del lavaggio di bucato, stoviglie ed attrezzi. Il Museo è dedicato agli usi e costumi della popolazione di Alagna, in particolare quella dei walser, ed è collocato in un antico caseggiato del 1628.
L’allestimento del Museo dà l’opportunità di conoscere da vicino il sistema edilizio della casa Walser di Alagna e di entrare in tutte le stanze allestite rigorosamente con mobili, arredi, attrezzature e oggetti vari dell’epoca walser, tutti semplici ma ingegnosi come, ad esempio il poppatoio ricavato da un corno di bovino, il tavolo ribaltabile per ridurre al minimo l'ingombro, le statuine di animali in legno intagliato per il gioco dei bimbi e la slitta per il trasporto di legname. Vi sono altresì raccolti utensili per la lavorazione del latte, del legno, attrezzi per i lavori agricoli, arredi, telai per la tessitura, abbigliamento.

Scenari di montagna suggestivi, che conservano tesori d’arte poco conosciuti, tutti da scoprire anche in mountain bike o bicicletta, per unire svago, relax e arte allo sport.

Fonte: cittaecattedrali.it, atlvalsesiavercelli.it; monterosavalsesia.com