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La parola foulard proviene dalla lingua francese, ed è il termine con il quale si indica il fazzoletto di seta e, anche se oggi ci ricorda un elemento di moda, nel passato è stato più che altro un indumento di uso pratico.

Veniva infatti indossato dagli uomini, in ambito militare, per proteggere la gola dal vento oppure come segno del loro grado o simbolo di appartenenza ad un gruppo. Sempre grazie al suo spirito pratico, venne poi usato dalle donne in ambito contadino per proteggere il capo dal sole oppure per nascondere una scollatura non adatta alle funzioni religiose.
Nell’Ottocento il foulard prese poi il nome di fazzoletto da collo, spesso stampato con motivi satirici e pedagogici, e rimase in voga per tutto il secolo. Cadde poi in disuso fino a quando il capostipite della terza generazione Hermes decise di traghettare questo vetusto accessorio della moda maschile all’interno del guardaroba delle signore parigine. Nel 1937, anno nel quale cadeva il centenario di fondazione della casa di moda, il patron della maison incontra Marcel Gandit, tessitore di Lione, che mette a punto un sistema con cui è possibile riprodurre su seta stampe elaborate anche nei minimi dettagli.
Grazie a questo nuovo metodo di produzione viene realizzato il primo foulard al femminile della Maison con il titolo “Jeudes Omnibus et Dames Blanches”, un carré che prese ispirazione da un gioco da tavolo molto popolare nella seconda metà dell’Ottocento, simile al nostro gioco dell’oca. Sin da allora i temi cari alla casa di moda francese furono i cavalli, le carrozze, le selle, la natura, nonché i rimandi alla moda e al mondo parigino, ma l’intuizione che trasformo il  carré di Hermes nella classica misura 90X90 cm. in una vera e propria icona fu quella di ingaggiare famosi illustratori. Hugo Grygkar e Philippe Ledoux o grandi artisti come Henri Matisse e Salvador Dalì, con abilità ed estro creativo, resero il foulard un oggetto al limite tra moda e arte. Ai due pittori dobbiamo la creazione di alcuni tra i “titoli", così si definisce il nome di un "carrè" in casa Hermès, più famosi, più ricchi di storia e ricercati da tutti i collezionisti ed appassionati del mondo: “Musée” del 1962; “Napoleon” del 1963; “Lettre de Napoleon a Murat” del 1947; “Victorie A” e “Victorie B” rispettivamente nel 1948 e 1949 solo per citarne alcuni.
Intramontabili attrici come Audrey Hepburn e Grace Kelly e grandi protagoniste della storia contemporanea come Jacqueline Kennedy Onassis e Lady Diana Spencer, hanno consacrato questo accessorio, facendone una firma di stile e quel tocco di classe per rendere il look più personale e raffinato. Grazie ai marchi francesi Hermes, Dior, Yves Saint Laurent e alle case di moda italiane Ferragamo, Gucci e Roberta di Camerino, questo piccolo pezzo di stoffa, in seta, cotone o lana leggera, è diventato arte e attitudine, in grado di esaltare la femminilità di ogni donna. Anche  nel linguaggio cinematografico l’uso del foulard prese ad avere un preciso significato. Maurice Chevalier lo caricava di accezioni intellettuali, scegliendolo in fantasia cachemire per il cachecol. A John Wayne, negli indimenticabili western, serviva coloratissimo a sottolineare il coraggio dei suoi personaggi. Per le attrici se era bianco voleva dire che la diva recitava la parte della brava ragazza. Maculato, invece, prometteva trasgressione e mistero.  
Per le donne divenne un tocco irrinunciabile. Originale se portato alla pirata, come usava Jackie Kennedy per sfuggire, anche con l’aiuto di grandi occhiali da sole, ai click dei fotoreporter (un clichè citato nelle ultime sfilate di Gucci). Chic se annodato alla borsa. A Babe Paley, la fascinosa e slanciata moglie del fondatore della Cbs (14 volte nella lista delle donne meglio vestite del mondo), musa e «cigno» adorato da Truman Capote, si deva la nascita della moda  di acciambellare il carrè di seta al manico della borsetta. Infatti si racconta che venne fotografata da un paparazzo all’uscita del club del tennis in un giorno afoso  con il foulard così portato e subito milioni di signore la copiarono.  
Secondo la maison Hermes ci sono ben 36 modi per indossare e legare un foulard: annodato al collo, sistemato attorno ad un cappello a larghe tese, legato come ornamento ai manici della borsetta, utilizzato in vita come una fusciacca o in testa come un cerchietto.
Ad ogni modo, l’esercizio e la fantasia fanno la differenza e un bel foulard, non necessariamente griffato ma di un buon tessuto e una graziosa fantasia, sta bene a tutte ed è in grado di aggiungere raffinatezza a tutti i look.
In grado di rivelare la personalità della donna che lo indossa, il foulard è come la ciliegina sulla torta per tanti outfit e l’accessorio che non passa mai di moda capace di arricchire l’abito più semplice.
E se volete dare libero sfogo alla vostra fantasia non possiamo che consigliarvi il Laboratorio Laborabilia, l’atelier che partendo da abiti e tessuti riciclati crea particolari di stile che fanno la differenza, coniugando sociale, passione e fantasia in una moda senza esclusioni.

Foulard delle montagne
Musei di montagna

Fonte: storiadellamodafemminile.wordpress.com; gossipchic.net