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Manolo Valdés, il giocoliere del tempo. 

Riapre a Roma, fino all’11 luglio, la mostra-evento dedicata a Manolo Valdés (Valencia, 8 marzo 1942), artista spagnolo di fama internazionale. È stato il suo un ritorno a Roma dopo ben 25 anni (Galleria Il Gabbiano, 1995), con questa ampia mostra personale ospitata nelle magnifiche sale del Museo di Palazzo Cipolla.

L’esposizione (inaugurata lo scorso ottobre e più volte interrotta dal susseguirsi dei DPCM, ora aperta fino al 31 luglio) consta di circa una settantina di opere – quadri e sculture in legno, marmo, bronzo, alabastro, ottone, acciaio, ferro, alcune delle quali di imponenti dimensioni – provenienti dallo studio dell’artista e da autorevoli collezioni private, che danno conto del percorso creativo di Valdés dai primi anni Ottanta (poco dopo la conclusione dell’esperienza di Equipo Crónica) fino ad oggi. La sua mostra romana, modulata fra spazi interni ed esterni del centro storico in un evento che nella città ha pochissimi precedenti per tale ampiezza e articolazione, è nata dalla volontà di un mecenate, Emmanuele F.M.Emanuele, in sinergia con la Galleria Contini di Venezia e con il placet di Roma Capitale per la concessione di tre piazze straordinarie: le sue sculture sono disseminate in Piazza San Silvestro, Piazza San Lorenzo in Lucina e Piazza della Pilotta.

“Quasi tutte le opere in mostra hanno come origine un capolavoro del passato, tanto da ritrovare Battista Sforza di Piero della Francesca, Pollaiolo, Il nudo di Baltimora di Matisse, e via di seguito”, dice il curatore Gabriele Simongini.

Nella ricerca figurativa e ludicamente visionaria di Valdés gli artisti del passato più o meno lontano (da Velázquez a Rubens e Zurbarán, da El Greco a Ribera fino a Léger, Matisse, Lichtenstein, ecc.) diventano interlocutori con cui intrattenere un contatto giornaliero, a cui rendere omaggio e che ampliano lo spazio polifonico del suo lavoro. È come se l’immagine prelevata da Valdés nel passato più o meno recente si fosse trasformata recependo i mutamenti dell’arte successiva (soprattutto attraverso l’informale e la Pop Art) fino ad approdare in una nuova veste davanti a noi, con i buchi e le lacerazioni della materia impressi da questo lungo viaggio nel tempo. Come scrive Gabriele Simongini, «l’opera-matrice, di capitale importanza per l’inesausto andirivieni di Valdés nel labirinto della storia dell’arte, è “Las Meninas” di Velázquez, soprattutto per quell’intreccio fra realtà ed illusione, per quel gioco con la verità e con le apparenze, che costituiscono il cuore di quel capolavoro e del barocco spagnolo ma anche del lavoro stesso di Valdés. L’artista riesce, quasi per magia, a conferire una tridimensionalità scultorea a figure e personaggi prima “condannati” alla bidimensionalità della tela, ed opera un continuo ribaltamento di ruoli nei valori plastici attribuiti alla pittura con la sua strabordante matericità e in quelli pittorici dati spesso alla scultura tramite l’importanza del colore, nonché nella sorprendente “materializzazione” plastica del disegno in opere di notevoli dimensioni ma dall’estrema leggerezza visiva e poetica.».

Afferma, a proposito della mostra, Emmanuele Francesco Maria Emanuele, Presidente della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, che l’ha promossa: «Le opere di Valdés, siano esse dipinti o sculture, sono percorse da una forza e una vitalità dirompenti, trasmesse dalla sapiente lavorazione che l’artista fa dei materiali più vari, fino a comunicare allo sguardo quasi una sensazione tattile. Del suo lavoro apprezzo, in particolare, l’attitudine ad attingere in maniera del tutto trasparente e naturale al repertorio artistico del passato per reinterpretarlo in chiave contemporanea, a conferma della mia convinzione che l’arte è un fluire ininterrotto, un dialogo costante tra i grandi di ieri e di oggi, e che non ha dunque senso racchiuderla in periodi rigidi ed impermeabili tra loro. Dare spazio ad eventi come questa mostra è ancora più importante in questo drammatico momento storico, afflitto dall’emergenza sanitaria e dalla conseguente grave crisi economica e sociale che ci ha colpiti, alla quale mi prodigo per dare risposta anche attraverso l’arte e la cultura, nella speranza di contribuire ad alleviare la penosa condizione esistenziale in cui si trovano i nostri concittadini.».

Il catalogo della mostra, pubblicato da Maretti Editore, contiene  i testi del Prof. Emanuele, di Gabriele Simongini, di Kosme de Barañano, oltre a tutte le opere esposte e ad un’ampia bio-bibliografia.

(nella foto: Valdès, Matisse como Pretexto con Rosa y Espejo)

Manolo Valdés. Le forme del tempo

A cura di Gabriele Simongini

Roma, Museo di Palazzo Cipolla

Fino all’11 luglio 2021 

Spazio espositivo FONDAZIONE TERZO PILASTRO MUSEO - PALAZZO CIPOLLA

 Via Del Corso 320 - Roma - Lazio