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Pochi elementi colti in men che non si dica, per fissare un amabile flash della Provenza d’antan. In un click che dura una frazione di secondo. Fra l’inaspettata visione del soggetto “irripetibile” nello spazio e nel tempo e il pigiare dell’indice sul pulsante di scatto della macchina fotografica.

Siamo nel 1955: una vecchia bicicletta che sembra andar da sola sul rettilineo di una strada alberata disegnata nel silenzio della campagna provenzale, porta a spasso senza fretta un uomo (mani al manubrio) e un bambino che, aggrappato all’uomo e sistemato sul seggiolino posteriore, si volta a guardare incuriosito il signor fotografo. Entrambi hanno ben calato in testa il basco nero francese, il béret basque tanto caro ad artisti e rivoluzionari d’ogni epoca; dietro al bimbo, ben fissata allo schienale del seggiolino, una tipica baguette dalla forma allungata e dalla crosta tanto ruvida da sembrare un nodoso minaccioso bastone. Immagine catturata al volo, di calda e briosa poesia. Di quelle che non puoi stare un attimo a pensarci su, ché basta ancor meno di un attimo a fartela sgusciar di mano. E di vista. Fortuna. Piatto caldo servito al momento giusto e nel posto giusto. Ma anche bravura, tanta ma proprio tanta bravura, del grande fotografo. “France, Provence” (così bella da essere usata anche nel manifesto pubblicitario della mostra) è una delle oltre 170 immagini che compongono la retrospettiva di Elliott Erwitt, fra i fotografi più celebrati e irriverenti e indisciplinati del Novecento, ospitata nelle Sale dei Paggi della Reggia di Venaria. Retrospettiva amplissima e assolutamente “peculiare” – come sottolinea la curatrice Biba Giacchetti – poiché unisce per la prima volta un grande corpus di immagini a colori (molte inedite)  alle sue icone, più volte esposte a livello internazionale, in bianco e nero. Organizzata da Civita Mostre con il Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, su progetto grafico di Fabrizio Confalonieri e in collaborazione con Sudest57, la mostra mette in piena evidenza (al di là del dato tecnico di assoluta levatura) la profonda umanità di Erwitt, considerato il “fotografo della commedia umana”, ma soprattutto quella sua voglia di ironia e perfino di barzellettiera comicità che troviamo ad esempio in “Prado Museum” del ’95 – con il fitto gruppo di maschietti che osserva rapito la Maya Desnuda accanto all’unica femminuccia che guarda invece la Maya Vestida- o in alcuni divertenti ritratti dei suoi amatissimi cani, che sono poi “come gli uomini- afferma lo stesso artista – solo con più capelli”. C’è un innato piacevolissimo senso di adesione alla vita quotidiana degli individui nelle foto dell’artista americano (di qui il titolo “Personae” dato alla mostra), ma anche la bizzarria della “maschera” e del “teatro”, che si manifesta soprattutto in alcune foto realizzate con lo pseudonimo di André S. Solidor, il bisbetico alter ego che predilige tutto ciò che Elliott detesta: il digitale e il photoshop, la gratuita nudità e l’eccentricità fine a sé stessa. Una maschera dissacrante attraverso cui irridere certi artisti e certa arte. Non mancano in mostra le foto (numerosissime quelle scattate in più di settant’anni di attività) dedicate alle celebrities: da Marilyn Monroe, bellissima e sensuale in The Misfits, a Che Guevara, Sophia Loren, fino ad Arnold Schwarzenegger e a John Kennedy. Passata alla storia quella del ’59 in cui Richard Nixon punta il dito contro Nikita Khrushchev: fra i due nessuna importante baruffa, ma il gesto del primo fu cristallizzato in un’ icona di così forte aggressività da essere  in seguito usata dallo staff di Nixon nella campagna presidenziale. Erwitt si infuriò non poco per l’incauto scippo e portò avanti una fiera battaglia sul diritto d’autore che  certamente contribuì a produrre importanti effetti sul piano giuridico-legale, fino ad arrivare alle sacrosanti leggi del copyright oggi in vigore. Nato a Parigi nel 1928, da genitori russi emigrati, Elliott Herwitt (nato Elio Romano Erwitz) ha da poco compiuto 90 anni. Fino a 10 anni  ha vissuto a Milano e, a seguito delle leggi razziali, si è trasferito prima a Parigi e successivamente a New York e, nel ’41, a Los Angeles. Negli States inizia la sua avventura e la lunga love story con l’arte della fotografia. Studia e lavora. Nel ’53 l’incontro fondamentale della vita con il grande Robert Capa, che lo porta in Magnum Photos, di cui diventa presidente nel ’68, ricoprendo la carica per tre nomine. Sicuramente – non fosse per quelle novanta primavere così pesanti anche per un gigante come lui - gli sarebbe piaciuto eccome presenziare all’inaugurazione della sua mostra alla Venaria. E a noi sarebbe di certo piaciuto non meno vederlo aggirarsi (e raccontare!) fra le sue immagini senza tempo, storie autentiche di uomini e donne - ma non solo - più o meno celebri, più o meno di ispirata ed ispirante empatia. E allora lo immaginiamo, appoggiato al suo bastone famoso quanto lui, con quella simpatica trombetta – si racconta - applicata sopra e che Elliott suona per far scansare la gente. Geniale. Ironico. Istrionesco mattatore. Inimitabile e irraggiungibile anche sulla scena della vita.

Gianni Milani

“Elliot Erwitt. Personae”
Reggia di Venaria – Sale dei Paggi, piazza della Repubblica 4, Venaria Reale (To), tel.011/4992333- www.lavenaria.it
Fino al 24 febbraio 2019
Orari: mart. – ven. 10/18; sab. – dom. e festivi 10/19,30